Capitolo 10
Pov. Edward
Osservo la porta ancora inebetito
dalla visione del fondo schiena ondeggiante di Bella, una mano quasi a voler
afferrare l'ultimo soffio di quell'alito caldo che sfiora le mie labbra, quel
vaffanculo brucia ancora nelle orecchie come se fosse tatuato a fuoco.
Chiudo gli occhi riassaporando la
sensazione di quel bacio accennato… bramato… desiderato da entrambi, ma non
dato.
Questa donna è la mia dannazione,
anche il gesto più semplice ed innocuo ha il potere di farmi uscire di testa e
quando usa la malizia…decreta la mia morte.
******
Bella Pov.
E' incredibile la sensazione di
soddisfazione mista a quella di frustrazione che sento dentro. Soddisfazione
per averlo apertamente mandato a quel paese, frustrazione per…l'innegabile
effetto che ha su di me.
Non posso farci nulla, mi piace e
tanto anche, mi è sempre piaciuto anche quando mi rendeva impossibile la vita
ricordandomi quanto non entravo nei suoi canoni di bellezza. Canoni che vedo ha
riconsiderato, visto che mi ha fatto apertamente capire che non gli sono
indifferente, anzi se potesse mi scoperebbe alla prima occasione.
A passo di marcia mi avvicino al
bar dell'albergo, senza guardare Nancy, la barman di turno, mi avvio verso
l'ufficio di Jeff, il capo barman, il sorriso quando mi vede entrare nel suo
ufficio illumina il viso segnato dall'età
- Bella, come mai qua? - Domanda
incuriosito
- Jeff questa settimana dovrò
lavorare qua al bar, sai Cullen ha deciso di farmi fare un po’ di gavetta. -
- Ah, ok! Non ci sono problemi,
adesso ti faccio vedere il nostro posto di battaglia poi inizi questo
pomeriggio con Mark, ovviamente…la divisa consiste in camicia bianca e gonna
nera, il gillet te lo procuro io. -
Il pomeriggio è passato in modo
abbastanza tranquillo, certo all'inizio ho avuto ancora qualche problema nel
ricordarmi la posizione delle cose ma tutto sommato tutto è filato liscio.
- Un Caruso, grazie. -
Blocco ogni movimento, un'occhiata
all'orologio alla mia destra, le 21.00, che cavolo ci fa qui solitamente a
quest'ora è fuori da qua già da un bel pezzo.
Con lentezza, misurando ogni mio
movimento, mi volto verso di lui.
E' seduto su uno sgabello, gomiti
sul piano del bancone, e le maniche della camicia leggermente alzate e i capelli
più spettinati del solito.
-
Un che cosa? - Chiedo cadendo dalle nuvole.
Gli occhi puntati sul bancone
mentre scuote la testa divertito - che razza di barman saresti se non sai
preparare nemmeno un cocktail? - Un
sorriso sghembo sulle labbra evidenzia
il suo divertimento per questa situazione.
- Veramente io non sono una
barman, mi ci hai costretta tu qua dietro. - Rispondo piccata alla sua domanda.
Un piccolo pugno sul bancone, per
poi alzarsi e venire verso di me, i suoi occhi fissi nei miei, il sorriso sulle
labbra ad illuminargli il viso, - guarda e impara, piccola. -
Piccola? Piccola?! Mi ha
veramente chiamato così? Il cuore batte senza sosta, sto per rispondere quando vedo
con che sicurezza afferra le bottiglie che gli servono.
Fa scorrere lentamente la fetta
di limone sul bordo della coppetta martini, per poi portarla alle labbra, che
adagio si dischiudono per accogliere quel piccolo pezzetto, lo vedo succhiarlo
avidamente, mentre mi osserva dall'alto della sua statura.
- Sai, questo agrume mi ricorda molto
te, aspra all'inizio, ma piacevole una volta che si assapora. -
Si volta per afferrare lo shaker
e con strana esperienza versa tutti gli ingredienti. Osservo la scena davanti
ai mie occhi con un dubbio, " ma quando ha imparato queste cose"
- Non sai tante cose di me,
piccola. - Lo sguardo sempre più divertito mentre pronuncia quelle parole. Posso
sentire l'imbarazzo invadere il mio corpo quando, mi rendo conto che, forse, il
mio non è stato solo un pensiero.
Mentre richiude il recipiente raccoglie una
goccia di crema alla menta con l'indice. Vedo la sua mano muoversi verso
l'alto, l'osserva per un secondo prima di porgerlo a me, davanti alle mie
labbra che non aspettano altro se non assaporare quella crema fresca e dolce.
Lo guardo, quasi sfidandolo e mi
avvicino, con la punta della lingua raccolgo quella goccia quasi densa, i suoi
occhi dilatati per la sorpresa, forse non mi reputava capace di farlo? Si
sbagliava!
Il suo dito accarezzato dalla mia
lingua all'improvviso all'interno della sua bocca, come a voler gustare il mio
sapore.
Impugna lo shaker ed inizia ad
agitarlo all'altezza del viso, i suoi occhi fissi nei miei, il sorriso
insistente sul suo volto. Mi perdo ad osservarlo, le braccia che muovono avanti
e indietro quel piccolo contenitore, seguendo il tempo cadenzato dallo sbattere
dei cubetti di ghiaccio contro le pareti, la camicia accompagna il movimento
dei muscoli fasciandoli come se fosse una seconda pelle, cerco di darmi un
contegno che, puntualmente va a farsi benedire quando i miei occhi cadono su
quel piccolo triangolino alla base del collo, sotto il pomo d'Adamo che sale e
scende a ripetizione.
Fisso inebetita quella pelle
liscia immaginando come potrebbe essere calda sotto le mie labbra, adoro quel
punto e lui con la sua maledetta camicia sbottonata non aiuta la mia
concentrazione.
Un rumore, lo shaker sbattere sul piano di lavoro e lui
intento a versare quel liquido verde
- assaggia - mi porge il bicchiere con un'aria d'intesa.
Il mio sguardo vaga dalla sua
mano a i suoi occhi, cerco di leggervi dentro qualcosa, qualsiasi cosa, ma
purtroppo non ci riesco, è come se indossasse una maschera impenetrabile, altre
due volte il mio sguardo alternato per fermarsi su quegli smeraldi affascinanti
e chiari. Porto le mie labbra quasi a contatto con il vetro sottile della
coppetta - mi devo fidare? - un sorriso ironico accompagna le mie parole, un
sopracciglio alzato in risposta - assaggia - ripete suadente.
La mia lingua ad inumidire le
labbra prima di appoggiarle al bicchiere ed assaporare quel miscuglio fresco e
forte, la sua mano delicatamente accompagna il mio movimento versandomi in gola
il liquido, per poi allontanarlo da me e portarlo alla sua bocca, continuando
il nostro silenzioso gioco di sguardi.
- Mai bevuto un cocktail più
saporito e dolce di questo. -
Lo vedo avvicinarsi al mio volto,
con la punta della lingua sfiora l'angolo della mia bocca, tornando indietro
con gli occhi chiusi come se stesse assaporando qualcosa di prelibato, - adesso
è perfetto. -
Mi sento bollente, in tutti i
sensi e scommetto che la colorazione del mio viso ha raggiunto livelli di rosso
mai sfiorati prima d'ora, imbarazzata cerco una via di fuga che mi porti
lontano da questa tentazione fatta persona, ma le sue mani bloccano ogni mio
movimento, una appoggiata al piano di lavoro e l'altra impegnata ad alzarmi il
viso verso di lui.
- Vieni a cena con me Bella.
-
Gli occhi a cercare i suoi, a
leggere cosa racchiudono, nessuna traccia di scherzo nel suo sguardo, solo
convinzione in ciò che hanno detto le sue parole, che rimbombano frenetiche
nella mia testa.
- Scu… scusa? chiedo
nell'imbarazzo più totale, voglio dare a lui la possibilità di correggere
quello che ha detto e a me di verificare
se ciò che ho sentito è frutto della mia immaginazione.
- Domani sera, vorresti venire a
cena con me, Bella? -
Il sorriso di vittoria mi fa
capire che per lui non è altro che un gioco, sono solo un numero da aggiungere
alla sua lista, non posso accettarlo, non voglio rimanere bruciata, per anni è
stato il mio sogno segreto e finché lui non mi vedeva, mi ero messa il cuore in
pace, ma adesso che si è accorto di me non posso permettermi di stare male,
solo per il gusto di toglierci uno sfizio, perché solo questo sarei per lui.
- Uhm, sentiamo Cullen che
programmino avresti in mente? - Sguardo ammiccante, voce sensuale impostata,
quando voglio fare la gatta morta, ci riesco alla perfezione
- Sai stavo pensando di invitarti
a casa mia, potrei preparare qualcosa, magari d'italiano, quattro chiacchiere,
un po’ di musica, del buon vino. -
- E magari possiamo finire la
serata rotolando tra le lenzuola del tuo letto, dico bene? -
- Touché! Devo ammettere che dopo
una serata del genere del buon sano
sesso ci sta bene. - Le sue parole accompagnate da una risata quasi…
imbarazzata?
Strano!
Non riesco a trattenere il
sorriso divertito che nasce spontaneo sulle labbra, - in effetti ci sta proprio
bene, ma… non credo che sia una cosa fattibile. Mi dispiace, ma non vengo a
cena con te. -
- Come? - gli occhi socchiusi come a voler imprimere
meglio le parole da me pronunciate
- Hai capito benissimo, ora
scusami, il mio turno è finito. - L'occhiata fugace all'orologio conferma
quanto detto, ma il tono tradisce il mio nervosismo.
Cerco di allontanarmi il più possibile da lui,
ma lo impedisce afferrandomi per il polso e facendo scontrare la mia schiena al
suo petto caldo le sue mani ad ancorare i miei fianchi, in una dolce morsa
nella quale vorrei stare per sempre.
- Dimmi perché non vuoi cenare
con me, dimmelo Bella. - Un sussurro caldo nel mio orecchio, mentre la sua voce
roca dona brividi alla mia pelle, potrei venire anche adesso, se solo non
stessi lottando con tutte le forze per non perdere la lucidità.
Inspiro ad occhi chiusi
una…due…tre volte, afferro una sua mano e mi allontano da lui.
- Per questo motivo non ho
accettato - affermo indicando noi due con la mano - sinceramente Edward come
pensi che saranno i nostri rapporti la mattina dopo? Mi spiace, io non sono una
che fa finta di nulla per cui… la mia risposta e sempre no. -
******
Pov. Edward
Per l'ennesima volta la osservo
andare via.
Per l'ennesima volta mia ha dato
il così detto due di picche.
Per l'ennesima volta ha inflitto
una pugnalata al mio cuore ed al mio orgoglio.
Ogni volta che mi sembra di poter
allungare la mano per afferrarla, scivola via come se fosse fatta di sabbia,
quasi inafferrabile. Mi sta mandando fuori di testa, un solo pensiero fisso: il
suo volto, torturato dall'agitazione che le mette la mia presenza, perché se
c'è una cosa che ho capito è che nemmeno io le sono indifferente, lo capisco da
come mi guarda, dal suo modo di arrossire e dall'eccitazione che s'impossessa
del suo corpo ogni volta che le sono vicino, lo so perché per me è la stessa
cosa.
******
Ogni giorno la osservo al lavoro,
ho sempre fatto colazione in camera, prediligendo la quiete e un'accurata visione dei giornali
all'attività caotica del bar e solo raramente mi fermavo al bancone per
sorseggiare anche un semplice aperitivo, giusto quando si doveva intrattenere
qualche ospite importante.
Ma da quando lei è qua, non
riesco ad ignorare questo posto.
Vederla muoversi ancora un po’
impacciata mentre cerca di stare dietro a tutte le richieste dei clienti mi
riempie il cuore di tenerezza, ma quelle camicette bianche che indossa sono una
continua fonte di tentazione per la mia mente malata.
Ed ora eccomi qui, per l'ennesima
volta in quattro giorni. La guardo sorridere con gentilezza ad ogni cliente,
rispondere alle loro domande e arrossire
per qualche complimento di troppo. Mi sto facendo male, lo so, ma non ne
posso fare a meno, devo assolutamente vederla, anche se tutto questo mi fa
morire dentro.
Dopo aver cenato velocemente sono
arrivato al bar, la musica del pianista si diffonde leggera nell'aria
accompagnando il mormorio dei clienti presenti.
La cerco in ogni angolo del
locale e solo quando sento la sua risata mi rendo conto che è dietro di me. Mi
volto e la vedo, bella più che mai nella sua divisa, i capelli fermi in una
coda alta che lascia scoperto il candido collo. Sta parlando con un ragazzo, un
nostro dipendente.
Mi avvicino, sono curioso di
sentire di cosa stanno parlando, ma solo parole spezzettate del discorso
arrivano: "uscire", " domani", " Black &
White" . La vedo annuire in risposta, non posso crederci ha accettato
l'invito di un ragazzetto invece che il mio, ha preferito lui, la sua compagnia
alla mia, eppure… so per certo che non le sono indifferente.
Come una furia mi dirigo a casa,
stasera ho bisogno di riflettere e l'unico modo è il mio sax e qua in hotel non
mi è possibile.
Ore a suonare fino a quasi
consumare il fiato, lo sguardo a perdersi sulle luci della città, il suo volto,
i suoi occhi scuri a volteggiare nei miei pensieri.
Un'idea, ha già apprezzato una
volta potrebbe apprezzare ancora, incurante dell'ora chiamo quel numero ormai diventato familiare, tante
volte digitato ma solo una chiamato.
******
Questa mattina in ufficio è stato
un vero inferno, non sono riuscito a mantenere la concentrazione neanche per un
secondo. Le immagini di Bella mentre si diverte con un altro, mentre gode di un
corpo che non è il mio m'investivano come un fiume in piena. La maggior parte
del tempo l'ho passata fuori dal mi o ufficio a gridare contro i poveri
dipendenti che non avevano nessuna colpa se non quella di trovarsi nel posto
sbagliato al momento sbagliato, ossia davanti a me.
La doccia che ho fatto prima di
uscire per cercare di calmarmi è servita a ben poco, sono agitato, non so cosa
troverò una volta arrivato al locale, dovrei evitare di andarci, ma voglio
sapere.
La musica è piacevole, adatta
all'ambiente, una rapida occhiata in giro, mi fa capire che il ragazzetto ha
buon gusto. Devo ammetterlo!
Un locale dove si può sia mangiare
che ballare, ed è proprio nella zona adibita a pista di ballo che li vedo.
Stanno ballando.
Si stanno divertendo… assieme.
Sembrano…felici.
Chiudo gli occhi incassando
l'ultimo colpo.
Corro sull'asfalto nero e lucido,
l'adrenalina che scorre nelle vene, la mia mano sull'acceleratore ad alimentare
il rombo del motore sotto di me.
Corro per sfogare questa ira che
mi ha investito all'improvviso.
Non avrei mai pensato che potesse
succedermi una cosa del genere, ancora non riesco a spiegarmi bene cosa è
capitato, ma quando l'ho vista tra le braccia di quel damerino da strapazzo,
che con le sue mani accarezzava quel corpo che adorerei senza mai stancarmene,
non ci ho visto più.
Come una furia mi sono diretto alla moto, accorgendomi a malapena dell'uomo con cui mi sono scontrato e sono andato via da quella scena che, non so per quale motivo mi ha sconvolto.
Come una furia mi sono diretto alla moto, accorgendomi a malapena dell'uomo con cui mi sono scontrato e sono andato via da quella scena che, non so per quale motivo mi ha sconvolto.
Accelero ancora una volta, non mi
curo di nulla, voglio solo correre via veloce, il più lontano possibile da
loro.
Sentire il vento che si scontra
con il mio corpo lanciato a tutta velocità su questo fiume nero.
Tutto succede all'improvviso
tanto da non capire cosa succede prima:
lo squillo del mio telefono...
Il volto
di Bella...
Uno schianto assordante,
so solo quello che accade dopo: il buio che
avvolge la mia mente.